Lo splendido frontespizio del manoscritto autografo del primo libro Clavicembalo ben temperato si chiude con la data “1722”, scritta di pugno da Johann Sebastian Bach. A tre secoli di distanza dalla redazione della prima serie di ventiquattro Preludi e fughe, si invita la comunità scientifica internazionale a riflettere su molteplici aspetti di quest’opera fondamentale. Il convegno avrà luogo a Torino nella splendida Villa della Tesoriera, dimora barocca immersa nel verde, sorta appena pochi anni prima che Bach si apprestasse a comporre il Clavicembalo ben temperato. Oggi la villa ospita la Biblioteca civica musicale intitolata al musicologo Andrea Della Corte. Al cuore dell’incontro vi sarà la lectio magistralis offerta da Prof. Yo Tomita (Queen’s University Belfast), uno dei più illustri studiosi bachiani nel panorama internazionale, che da oltre trent’anni pone le raccolte dei 48 Preludi e fughe al centro dei suoi interessi. Come continuazione ideale del convegno internazionale “Bach e l’Italia” (2020), JSBach.it – Società Bachiana Italiana, insieme con l’Università degli Studi di Torino e la Biblioteca civica musicale “Andrea della Corte” di Torino, invitano a proporre relazioni (15 min.), panel e lecture-recital (25 min.) su argomenti connessi al Clavicembalo ben temperato.
International Conference
MUSICAL AND THEATRICAL MIGRATIONS: PERFORMANCE PRACTICE IN 17TH AND 18TH-CENTURY EUROPE
Queluz National Palace July 8th – 10th, 2022
Organization:
Divino Sospiro – Centro de Estudos Musicais Setecentistas de Portugal (DS-CEMSP)
Centre de Musique Baroque de Versaille (CMBV)
Scientific Committee:
Barbara Nestola, Iskrena Yordanova,
José Camões, Paologiovanni Maione, Thomas Leconte
Organizzato da: Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino in collaborazione con l’ANR Project ALEA
Nonostante la sua centralità in un vasto spettro di discipline – dalla matematica alla fisica passando per l’economia e le scienze sociali – il concetto di rischio, elemento cruciale nelle società post-industriali emerse dal processo di modernizzazione (Beck, 1986), ha ad oggi ricevuto scarsa attenzione nell’ambito delle discipline umanistiche. Parliamo di rischio nei casi in cui una progettualità viene commisurata a possibili avvenimenti nefasti, suscettibili di minacciare l’integrità o l’incolumità di individui, società, sistemi o organizzazioni. Il rischio implica, in questo senso, la possibilità di un imprevisto, l’esistenza di un margine di incertezza quanto al futuro e la questione della sua gestione (attraverso il calcolo delle probabilità, l’invenzione di narrazioni anticipatorie, ecc.).
Si segnala la seconda giornata di studi “Le musiche d’arte del XXI
secolo in prospettiva storica”, in programma il 9 novembre 2021
online, via Teams, promossa dal Dipartimento di Studi Umanistici
dell’Università di Napoli “Federico II”.
L’incontro è dedicato alla memoria di Antonio Rostagno.
Scarica il file .pdf con il programma completo e le modalità di
partecipazione.
La Rivoluzione francese ha avuto un impatto decisivo sulla mentalità collettiva nei confronti delle pratiche religiose, innescando un processo di “secolarizzazione” che ha aperto la strada a una progressiva sacralizzazione dell’arte. Molti artisti si sono allontanati dalla religione istituzionale e dai dogmi della fede cristiana per esplorare orizzonti di spiritualità legati alle componenti mistiche dell’esperienza religiosa; e mentre ai compositori venivano attribuite qualità divine, gli ascoltatori cominciarono a considerare la musica come un oggetto di venerazione e contemplazione spirituale. Ai primi dell’Ottocento, affermazioni come «La musica può esprimere qualunque livello di spiritualità» (Schlegel), «La musica è certamente il sommo mistero della fede, la mistica, la religione completamente rivelata» (Wackenroder) e «L’unico oggetto della musica è l’infinito» (E.T.A. Hoffmann) favorirono la diffusione della categoria estetica di Kunstreligion, in base alla quale si attribuisce alla musica – strumentale o vocale, liturgica o profana – la capacità di innalzarsi all’intuizione dell’infinito e dell’assoluto, ovvero di quegli stessi elementi che costituiscono la sostanza della religione medesima.
Nel dibattito pubblico degli ultimi decenni le analogie con la Shoah sono diventate ricorrenti. È un processo non nuovo (basti pensare all’incubo dell’“olocausto nucleare”), ma che col tempo si è allargato. In gran parte, questi accostamenti hanno riguardato genocidi, o eventi analizzati anche attraverso tale categoria, tanto che nell’ambito anglofono, dal 1945 ad oggi, i due lemmi (genocide e holocaust) si sono diffusi lungo strade interconnesse (Gordon e Perra 2016). È accaduto sul piano scientifico, come in quello pubblico, dove massacri quali quelli perpetrati nella penisola balcanica, in Tibet, in Cambogia, in Ruanda, in Congo, hanno fatto numerosi riferimenti alla Shoah, a loro volta alimentando il confronto sull’unicità di quest’ultima nella storia umana.