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Commissioni

Il lavoro dell’ADUIM si articola in commissioni dedicate agli interessi e attività principali dell’associazione.

XXVI Incontro dei Dottorati di ricerca in Discipline musicali (Bologna, 18 giugno 2022)

Siamo lieti di annunciare il XXVI Incontro dei Dottorati di ricerca in Discipline musicali, che si terrà in presenza nel palazzo Marescotti Brazzetti in Bologna (via Barberia 4) sabato 18 giugno 2022 dalle 10:30 alle 17:30.

L’incontro è promosso dal “Saggiatore musicale” in collaborazione con il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna, che tradizionalmente lo ospita, e con l’ADUIM, l’Associazione fra Docenti universitari italiani di Musica.

L’ingresso è libero. E’ richiesto l’uso della mascherina FFP2.

Qui potrete trovare il programma della giornata: Il Saggiatore musicale – XXVI Incontro dei Dottorati (18 VI 22) – XXVI Colloquio (4-6 XI 22)

Abstracts

Paola Cossu (Cagliari)
Le istituzioni musicali veneziane prima e dopo il 1945: continuità e rinnovamento

Lo studio prende dapprima in esame la cultura musicale veneziana e le sue istituzioni, concentrandosi in particolare sugli anni Quaranta del Novecento, e indaga alcune gure rivelatesi fondamentali, come Mario Labroca e Go redo Petrassi. In seguito, tratta i casi emblematici del Teatro La Fenice e del Festival internazionale di musica contemporanea, centrali nel contesto istituzionale veneziano. Grazie alla documentazione d’archivio vengono ricostruiti gli organigrammi dei due enti. L’esame della stampa coeva ha invece l’obiettivo di riportare alla luce, commentandoli, i numerosi avvicendamenti nelle cariche delle principali istituzioni. Il lavoro si basa inoltre su loni di ricerca complementari quali i transitional justice studies, determinanti per l’indagine volta a veri care se le istituzioni veneziane siano da considerarsi espressione di continuità o di rinnovamento nel passaggio dal Fascismo alla Repubblica. Ormai molti studi hanno trattato, in questi ultimi decenni, la questione della continuità dello Stato. Oltre ai lavori di Claudio Pavone, nel 2019 sono apparsi studi importanti in tal senso, tra gli altri di Andrea Martini e di Enzo Fimiani.

Andrea Gozzi (Firenze)
Luoghi della spettacolarità a Firenze tra passato e futuro: spazi da comporre, spazi per comporre

Lo spazio destinato all’esecuzione e allo spettacolo musicale costituisce la cornice e il contenuto dell’esperienza degli ascoltatori. L’ambiente acustico impone continue negoziazioni, che variano in base al ruolo e alla posizione dell’ascoltatore come compositore, esecutore o spettatore. Obiettivo della ricerca è indagare l’acustica di uno spazio performativo, il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di Firenze, seguendo due percorsi complementari, entrambi basati su un modello interattivo. Il primo o re un’esperienza audiovisiva in cui l’utente può esplorare virtualmente la sala grande del teatro scegliendo tra le riproduzioni binaurali di 13 diverse posizioni di ascolto. Il secondo riguarda la percezione sonora e visiva di un’esecuzione della romanza «Una furtiva lagrima» dall’Elisir d’amore di Donizetti. L’utente, attraverso l’utilizzo di ambisonics, video a 360° e realtà virtuale, può fruire questa performance e il contributo acustico della sala da tre diverse posizioni nel teatro: sul palco, nella buca dell’orchestra e in platea.

Serena Labruna (Venezia)
La ‘chiamata’ dal mare, tra follia e allucinazione: “Maria d’Alessandria” di Giorgio Federico Ghedini

Maria d’Alessandria, la prima opera di Giorgio Federico Ghedini a vedere la luce delle scene, venne data per l’inaugurazione del Teatro delle Novità di Bergamo nel 1937. Il libretto di Cesare Meano ricalca la fonte adoperata da Claudio Guastalla e Ottorino Respighi per Maria Egiziaca, rappresentata cinque anni prima alla Biennale, e narra la storia della santi cazione della cortigiana alessandrina. Emblema d’oriente, Alessandria d’Egitto viene mostrata come luogo oscuro di schiavi incessantemente costretti al lavoro, e sito di abominii e adulterii. Il degrado della città si ri ette in Maria, donna dissoluta, conosciuta da «nave a nave». La sortita della protagonista, preceduta dai racconti del custode del faro e del nuovo capitano, mostra la donna in preda alle allucinazioni; inquieta, sente la «chiamata del mare». Nella storia della drammaturgia operistica non sono mancati gli interventi di deus ex machina marittimi evocati per ristabilire l’ordine perturbato; il mare, nella sua accezione sica, compare invece come luogo prediletto per la tempesta (Otello), oppure come desiderio di conoscenza di nuove terre (L’Africaine). In questo caso, il viaggio per mare conduce la protagonista verso la redenzione. «Una voce mi chiama dal mare», proclama Maria, comparendo in scena in uno stato di esaltazione delirante. Ghedini la mostra in balìa delle visioni sin dalla prima apparizione, ed è la conditio per la sua evoluzione. Al termine dell’opera la santa ci si palesa in preda a una visione mistica, cesellata dall’intervento della voce del Figlio. La relazione tematizza il ricorso alle allucinazioni nel ruolo dell’eroina eponima, dalla chiamata del mare (atto I) alla santi cazione (atto III), so ermandosi sull’evoluzione della femme fatale e sulle peculiarità della città portuale di cui ella è l’emblema.

Federico Lanzellotti (Bologna-Madrid)
Riconsiderare la musica per violino di Carlo Ambrogio Lonati

Sempre più spesso negli ultimi decenni la gura e la musica di Carlo Ambrogio Lonati (c. 1645 – post 1701) hanno destato l’interesse degli studiosi e degli esecutori, i quali hanno preso in considerazione singoli aspetti della biogra a e della produzione. Tuttavia il processo di riscoperta e recupero è stato frenato da alcune congiunture storiche e storiogra che e dalla mancanza di un’investigazione complessiva e integrata, che desse conto tanto della poliedricità del musicista – violinista, compositore, cantante, didatta – e ne riesaminasse e ricontestualizzasse le composizioni. La produzione violinistica è stata scelta come punto di partenza per tale indagine, giacché rappresenta un àmbito della produzione lonatiana solo in minima parte investigato, bisognoso di un urgente aggiornamento e ampliamento e di un profondo riesame sotto il pro lo dello studio delle fonti e dell’analisi, in un quadro di riferimento europeo. Il catalogo attuale comprende 31 composizioni violinistiche, tra certe, attribuibili e dubbie; e include sonate eterogenee per tradizione e statuto testuale, stile, forma e scrittura. Questo quadro multiforme presenta l’opera di Lonati come un’esperienza di notevole rilevanza nella sfera della musica violinistica e strumentale del tardo Sei e del primo Settecento e permette di sollevare ulteriori quesiti trasversali circa l’autorialità, l’attribuzionismo, i concetti di opus, creatività e stile. Particolare attenzione è rivolta alla contestualizzazione delle sonate nell’intera produzione di Lonati – attraverso confronti con le sonate a due e a tre (simfonie) e le cantate – e nel panorama violinistico europeo coevo, tramite il ra ronto con compositori come Stradella, Corelli e Biber. In questo intervento vengono presi in esame casi speci ci: una sonata spuria, erroneamente attribuita a Lonati; una sonata-pasticcio; una sonata con un movimento alternativo, attribuita di volta in volta a Corelli e a Lonati; e una composizione incompleta, mancante della parte violinistica, ritrovamento recentissimo.

Giorgio Peloso Zantaforni (Padova)
«Hic liber est hortus, ores plantantur amici»: una rete di relazioni attraverso gli Stammbücher intorno a Hans Leo Hassler

La pratica di tenere un diario personale che testimoni i viaggi e gli incontri del possessore si sviluppa a partire da metà Cinquecento. Il viaggio assumeva il carattere di una Bildungsreise, un viaggio di formazione che arricchiva il curriculum studiorum del giovane, ingrediente fondamentale della sua educazione. In questa peregrinatio academica poteva spesso capitare che, nel corso o a completamento del percorso, lo studente frequentasse le scuole dei maestri di musica o le botteghe degli strumentai presenti nelle città universitarie.
Nelle ricerche degli ultimi anni lo Stammbuch si è rivelato una fonte importante per lo studio delle relazioni e dei pro li biogra ci di chi vi compare, vuoi come proprietario o come sottoscrittore. Nello sviluppo di questo fenomeno, l’importanza della città di Norimberga è confermata dal numero di album conservati nella locale Stadtbibliothek, che ammontano a più di trecento. La città bavarese era peraltro un centro importante per la musica e l’educazione musicale, grazie a chiese come San Sebaldo, Sant’Egidio e San Lorenzo e alla musica che in esse si produceva. Proprio a Norimberga era nato Hans Leo Hassler (1564-1612), divenuto poi compositore e organista famoso, che qui poté intessere rapporti culturali e contatti musicali di peso. Il numero di rapporti di Hassler documentati attraverso i libri amicorum non è molto elevato, tuttavia la sua in uenza nell’arte musicale, così come nell’orizzonte culturale di numerosi musicisti la cui presenza è testimoniata in queste pagine, sì. Muovendo da questi dati, la presente relazione si focalizza sul liber amicorum come fonte documentale sui generis, nel caso esemplare del compositore bavarese e della rete di contatti che egli intrattenne con colleghi e amici, facendo reagire i dati storici con nuovi stimoli di senso.

Giacomo Pirani (Pavia-Cremona)
«More patrum antiquorum discernere»: Riforma ed ecumenismo nel “Ritus canendi” di Giovanni Gallico

Il contributo alla pedagogia musicale dato da Giovanni Gallico da Namur, autore del trattato Ritus canendi vetustissimus et novus (1458-1464), è da sempre considerato un ri esso della sua singolare educazione, iniziata in una maîtrise nordeuropea ma perfezionata alla scuola ‘umanistica’ di Vittorino da Feltre a Mantova (così, ad esempio, secondo Paul Oskar Kristeller, Claudio Gallico, e in tempi recenti Stefano Mengozzi). Minor attenzione è stata invece dedicata all’in usso della spiritualità, delle letture e delle consuetudini di studio e ricerca proprie dell’Ordine certosino: seguendo infatti un modello prosopogra co ricorrente, Giovanni Gallico, dopo una parentesi universitaria a Pavia, entrò nell’ordine di san Bruno facendo professione nella casa mantovana, per poi spostarsi tra il 1455 e il 1461 nella Certosa di Parma, dove morì nel 1473. La storiogra a del monachesimo certosino, soprattutto in area tedesca, ha dimostrato in numerosi studi le complesse relazioni tra gli ambienti dell’Università, dell’Umanesimo e della Certosa: in una fase di crisi dell’ideale cenobitico, rigore di vita e costumi, solitudine e introspezione, particolari orientamenti culturali hanno eretto la Certosa a modello per una riforma degli altri istituti di perfezione, elevando altresì i monaci che la abitavano ad esempi di un rinnovamento dell’esperienza cristiana, di religiosi e laici, di studenti, docenti e umanisti, che mescolasse in modo virtuoso la tradizione e la teologia monastiche con gli studia humanitatis, e giungesse così a una ride nizione dell’ideale di vita contemplativa. Giovanni Gallico incarna molti aspetti del monachesimo certosino dei secoli XIV- XV, e lo studio della biogra a e dell’opera rivela una possibile continuità tra la scuola umanistica e la solitudine della cella, ma anche – caratteristica nora passata inosservata – una declinazione peculiare ed e cace del rapporto tra vita contemplativa e vita attiva. Il presente contributo illustra come Giovanni Gallico, pur rispettoso dell’ideale ascetico della separatezza dal mondo, abbia mantenuto una relazione vivace e diretta con la realtà della Chiesa e della società, e ad esse abbia potuto e saputo rivolgere, in una prospettiva universale ed ecumenica, un progetto di riforma della pedagogia musicale caratterizzato da assoluto rigore metodologico e perfetta chiarezza di intenti e nalità.

Giuseppe Sanfratello (Catania)
Suoni ‘migranti’ nel Mediterraneo orientale: i repertori polivocali delle Isole Ionie

Le Isole Ionie hanno avuto un ruolo cruciale nel Mar Mediterraneo grazie alla posizione geogra ca. Dal punto di vista politico e militare, Corfù, Cefalonia e Zante hanno mantenuto un legame privilegiato con la penisola italiana, soprattutto a causa del duraturo dominio veneziano (dal 1402 al 1797). In particolare, Corfù – non a caso denominata “porta de l’Italia” o “porta di Venezia” – servì alla Serenissima come avamposto cardine nella difesa del basso Adriatico (il cosiddetto “Golfo di Venezia”) e come centro di controllo e di espansione a Levante. Sebbene vi si siano avvicendate diverse dominazioni nel corso del lungo Ottocento (francese dal 1797, russa dal 1799, inglese dal 1814 e no all’annessione al Regno di Grecia nel 1864), l’in uenza della cultura e della musica italiana nelle Isole Ionie è ancora oggi predominante. Lungi dal voler ancorare la tradizione musicale odierna delle Isole Ionie a un processo di ‘migrazione’ di suoni e canti che potrebbe aver avuto luogo nel passato, lo scopo di questo intervento è introdurre i contorni dei repertori polifonici ‘stanziali’, oggi praticati nelle tre summenzionate isole maggiori, attraverso il ltro di alcune categorie speci che: per tipologia (canti d’amore, del matrimonio, di lavoro, liturgici, ecc.), per genere (cori maschili, femminili, misti), per àmbito (urbano, rurale, ecclesiastico), per luoghi e contesti di produzione (a tavola, per strada, in chiesa). Le pratiche musicali di àmbito profano sono rappresentate principalmente dal repertorio urbano delle kantades (di uso in tutte e tre le isole), delle arekies di Zante e delle ariettes di Cefalonia. Questi repertori sono caratterizzati da un idioma omofonico accordale, sviluppato a orecchio da tre o quattro parti vocali, a di erenza di quanto avviene nel resto della Grecia. Pertanto, nel corso dell’intervento saranno presentati i risultati di un progetto di ricerca i cui obiettivi hanno principalmente riguardato: (1) l’indagine sulla logenesi di tali musiche, seguita dalla rilevazione della loro vitalità mediante documentazione sul campo; (2) l’analisi degli spazi rituali, delle funzioni socio-simboliche, e dei comportamenti musicali dei cantori, fattori che oggi caratterizzano la loro pratica musicale; (3) una ri essione sul rapporto musica/ turismo, attraverso l’osservazione delle modalità con cui i gruppi di musica tradizionale ripropongono al pubblico odierno il loro repertorio ‘del passato’, al ne di rappresentare il peculiare volto musicale di queste regioni polifoniche nella Grecia monodica di oggi.

Daniele Zappatore (Roma “La Sapienza”)
Analizzare la musica calung di Banyumas: alcune proposte di trascrizione interattiva

La musica dei gamelan calung – ensembles di xilofoni in bambù tipici di Banyumas (un distretto rurale di Giava Centrale) – è caratterizzata da un procedimento eterofonico per il quale diversi strumenti eseguono variazioni simultanee di una stessa melodia sulla base di cicli ritmici iterativi. Come ho potuto rilevare durante la mia ricerca etnogra ca, un aspetto notevole di questa musica consiste nella compresenza di prassi esecutive diverse: quella ‘tradizionale’, appresa in contesto, trasmessa oralmente e poco formalizzata, e quella di derivazione accademica, più standardizzata e legata all’impiego della notazione scritta.
Per analizzare la musica calung e le diverse modalità esecutive che la caratterizzano ho sperimentato alcuni sistemi di trascrizione animati e interattivi, elaborati con l’ausilio di software quali Logic Pro (Digital Audio Workstation e sequencer Midi) e Final Cut Pro (video editor). Integrando diversi sistemi di rappresentazione del dato musicale – riprese audiovisive, notazione su pentagramma, kepatihan (notazione cifrata giavanese), griglie midi e animazioni digitali –, questi sistemi consentono di visualizzare l’esecuzione musicale con immediatezza e di riascoltare con essibilità le parti trascritte, favorendo ulteriori approfondimenti analitici. Il contributo prende le mosse da una rielaborazione virtuale di “Rici-ricik” – il più celebre brano del repertorio di Banyumas – basata sulle notazioni approntate da Yusmanto, maestro formatosi presso la maggiore accademia artistica di Giava Centrale. Tale modello è utile, in primis, per descrivere la struttura e il funzionamento del brano, ma anche per visualizzare i pattern di elaborazione melodica (cengkok) associati al gambini barung (lo xilofono leader dell’ensemble), per come questi sono concepiti e insegnati in accademia. Non sembra esistere, tuttavia, un percorso univoco per l’elaborazione di tali pattern, soprattutto qualora si consideri la prassi esecutiva dei musicisti estranei a quel tipo di formazione. Per comprendere in che modo – e a partire da quali modelli – diversi suonatori costruiscano le proprie elaborazioni su una data melodia di riferimento, ho quindi chiesto a tre musicisti attivi nei villaggi di Banyumas di eseguire più volte il medesimo brano, al ne di mettere a punto delle trascrizioni multimediali che permettessero di operare un’analisi comparativa. I primi risultati di tale lavoro, incentrato sull’estrapolazione del pro lo melodico dei cengkok, sembrano indicare che a un maggiore livello di codi cazione teorica della pratica musicale corrisponda una minore libertà ‘improvvisativa’, elemento che assume invece grande peso nelle esecuzioni dei musicisti ‘tradizionali’.

Si può scaricare il libretto degli abstracts al seguente link: https://www.aduim.eu/wp-content/uploads/2022/06/XXVI-Incontro-libretto.pdf