La Rivoluzione francese ha avuto un impatto decisivo sulla mentalità collettiva nei confronti delle pratiche religiose, innescando un processo di “secolarizzazione” che ha aperto la strada a una progressiva sacralizzazione dell’arte. Molti artisti si sono allontanati dalla religione istituzionale e dai dogmi della fede cristiana per esplorare orizzonti di spiritualità legati alle componenti mistiche dell’esperienza religiosa; e mentre ai compositori venivano attribuite qualità divine, gli ascoltatori cominciarono a considerare la musica come un oggetto di venerazione e contemplazione spirituale. Ai primi dell’Ottocento, affermazioni come «La musica può esprimere qualunque livello di spiritualità» (Schlegel), «La musica è certamente il sommo mistero della fede, la mistica, la religione completamente rivelata» (Wackenroder) e «L’unico oggetto della musica è l’infinito» (E.T.A. Hoffmann) favorirono la diffusione della categoria estetica di Kunstreligion, in base alla quale si attribuisce alla musica – strumentale o vocale, liturgica o profana – la capacità di innalzarsi all’intuizione dell’infinito e dell’assoluto, ovvero di quegli stessi elementi che costituiscono la sostanza della religione medesima.
Negli ultimi due secoli, le possibili interazioni della musica con una concezione non dogmatica della spiritualità hanno conosciuto varie ridefinizioni estetiche. Nella musica sacra del secolo XIX l’unità sincretica di testo, musica e rito subisce un progressivo indebolimento, portando alla configurazione di nuovi equilibri tra fattori di ordine estetico ed elementi di natura religiosa, mentre nei repertori e nelle pratiche musicali secolari si moltiplicano riferimenti diretti o allusioni alla sfera della religione e della spiritualità. A partire dal XX secolo, in concomitanza con una significativa diminuzione della produzione di musica liturgica, molti compositori hanno manifestato una forte attrazione per la sfera della spiritualità, spesso celata tra le maglie più riposte di un universo poetico dichiaratamente laico e mondano.
Gli esiti musicali di queste complesse interazioni tra la sfera del sacro e quella del non sacro devono essere ancora esplorati a fondo, nella misura in cui si intrecciano con una serie di questioni di ampio respiro: i rapporti dei compositori con la tradizione e la modernità; il concetto di progresso come graduale avvicinamento all’idea di perfezione; la tendenza estetica all’astrazione; la possibilità di ridefinire l’esperienza di ascolto musicale in base a particolari criteri estetici; la ricerca di nuove dimensioni della temporalità musicale; l’interazione tra la religiosità e i processi legati all’identità nazionale, e via dicendo.
In linea con queste premesse, il convegno si propone di esplorare l’impatto delle molteplici declinazioni del concetto di spiritualità – sul piano dell’attività creativa, delle pratiche esecutive o dell’esperienza di ascolto – sulle culture musicali dei secoli XIX, XX e XXI. Anche se le proposte potranno spaziare nell’ambito di qualunque genere musicale, religione, ideologia o ambito geografico, la conferenza si concentrerà sulla musica di tradizione occidentale, globalmente intesa.
Un elenco non esaustivo di possibili argomenti include:
Le lingue ufficiali del convegno sono l’inglese e l’italiano. Una selezione delle relazioni sarà pubblicata nel volume del 2023 della rivista Chigiana. Journal of Musicological Studies (https://journal.chigiana.org/).
Le proposte dovranno essere inviate a chigiana.journal@chigiana.org entro e non oltre il 20 dicembre 2021.
Ogni proposta (da inviare in un unico file Word) dovrà includere:
Comitato Scientifico:
Philip V. Bohlman, Simone Caputo, Mila De Santis, Roe-Min Kok, Eftychia Papanikolaou, Susanna Pasticci, Andrew Shenton, George S. Williamson.
Comitato Organizzativo:
Antonio Artese, Stefano Jacoviello, Anna Passarini, Nicola Sani, Samantha Stout.